Dal 1967 Israele amministra militarmente la Cisgiordania, applica la legge marziale ai palestinesi, parte cioè dal presupposto che siano “stranieri e “nemici” … a casa loro.

Vivere in Cisgiordania significa toccare con mano il paradosso radicale dell’occupazione israeliana. L’illegalità originaria dell’atto di prendersi una terra altrui, di sconfinare senza conseguenze, si è progressivamente trasformata in un sistema amministrativo, penale e militare che produce da sé le proprie norme, autoassolvendosi con la forza.

In questo mondo rovesciato, la vita in Palestina è regolata dai tribunali militari israeliani, per i quali i palestinesi sono “stranieri e nemici” a cui va applicata la legge marziale. Sono dunque negati diritti civili e politici a tutela della sicurezza della entità occupante. Le garanzie esistono invece per i coloni israeliani, che non vengono sanzionati per la loro presenza illegale in Palestina (Cisgiordania occupata) . e nemmeno per le violenze inflitte ai palestinesi. Un’ingiustizia che è uno dei pilastri di questo sistema di apartheid.


L’egemonia israeliana sulla Palestina: la legge del più forte

Il 10 giugno 1967, Israele – uno Stato di 2,7 milioni di cittadini, per lo più ebrei – si ritrovò improvvisamente a governare quasi un milione di palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Oggi quella popolazione sfiora i cinque milioni. Nonostante i cambiamenti generazionali, un elemento è rimasto immobile dall’inizio: Israele non ha mai applicato la Convenzione di Ginevra a protezione delle persone civili in tempo di guerra, che garantisce ai Palestinesi, protezione da minacce esterne e diritti. E’ accaduto l’opposto, la forza militare che doveva essere usata a garanzia dei nativi, è invece rivolta alla loro oppressione.

I coloni, sono stipendiati per occupare sempre nuove fette di territorio, provengono dai quattro angoli del mondo. Sono organizzati in bande, ricevono armi distribuite direttamente dalle istituzioni israeliane, godono della protezione dell’esercito e dal 2024, non sono nemmeno più soggetti per i loro atti violenti, alla detenzione amministrativa applicata invece in modo estensivo ai palestinesi.


Violenza dei coloni israeliani: un’escalation che spinge i palestinesi fuori dalla loro terra

La violenza dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata è aumentata drasticamente dall’ottobre 2023, dando forma – secondo residenti palestinesi e ricercatori – a una strategia deliberata volta a espellere con la forza i palestinesi dalle loro terre. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nello stesso periodo si sono verificati più di 3.000 attacchi, tra cui incendi dolosi, aggressioni fisiche e intimidazioni. Gli attacchi continuano finché le famiglie non sono costrette a fuggire.

Negli ultimi due anni, numerose comunità beduine sono state sfollate – alcune completamente, altre parzialmente – a causa delle ripetute molestie dei coloni. Le terre dei beduini sono strategicamente importanti, spesso ai margini di città e villaggi, funzionano come zone cuscinetto che mantengono connesse le aree palestinesi e impediscono l’espansione degli insediamenti israeliani su terreni ancora non edificati. La loro rimozione accelera la frammentazione del territorio e della società palestinese.

Cartina di Aljazeera, in rosso le comunità di beduini completamente svuotate,
in nero quelle in via di svuotamento

La storia dell’ottantenne Muhammad Karabi rappresenta emblematicamente questa dinamica. Karabi e altre 27 famiglie hanno abbandonato le terre su cui vivevano da decenni perché non potevano più garantire la sicurezza dei loro figli. Ora vivono ai margini del villaggio di Al-Im, vicino Ramallah, ma continuano a subire molestie, minacce e il costante timore di demolizioni. “Oggi siamo qui, ma domani potremmo essere cacciati di nuovo”, racconta Karabi.

Walid Habbas, ricercatore del Palestinian Forum for Israeli Studies, sottolinea che distinguere tra le azioni dei coloni e lo Stato israeliano è impossibile. I gruppi di coloni, in particolare i più ideologicamente radicali, ricevono un sostegno diretto da diversi ministeri israeliani. Un recente rapporto dell’organizzazione israeliana per i diritti umani Yesh Din ha rivelato che i ministeri della Difesa, del Patrimonio, dei Trasporti, dell’Agricoltura e delle Comunicazioni contribuiscono tutti a finanziare o fornire equipaggiamenti agli avamposti dei coloni.

All’inizio del 2023 si è verificato quello che Habbas definisce un “cambiamento fondamentale” nella gestione burocratica dell’occupazione. Decisioni chiave – come la classificazione delle terre, l’autorizzazione degli avamposti e la dichiarazione di “terre statali” – sono passate dal controllo militare a organismi civili guidati direttamente dai coloni. Sul piano legislativo, una decisione della Knesset del luglio 2024 ha stabilito che l’intero territorio tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo è esclusivamente “territorio ebraico”, negando di fatto qualsiasi futuro assetto politico che preveda uno Stato palestinese.

“La sovranità in Eretz Israel è una parte inseparabile della realizzazione del Sionismo e della visione nazionale del popolo ebraico che è tornato nella sua patria. Il massacro di Shemini Atzeret, 7 ottobre 2023, ha dimostrato che l’istituzione di uno Stato palestinese rappresenta un pericolo esistenziale per Israele, i suoi cittadini e l’intera regione” , così recita un passaggio del testo votato dal parlamento israeliano.

Impunità e assenza di responsabilità

Sebbene la polizia israeliana abbia aperto circa 1.700 indagini sulla violenza dei coloni nel 2024, le organizzazioni di monitoraggio denunciano che fare giustizia è impossibile. Solo il 24% dei casi sono andati oltre la denuncia. Della piccola parte su cui è stata formulata un’accusa, il procedimento è comunque finito su un binario morto “per mancanza di colpevoli”. Secondo Habbas, questa dinamica riflette una complicità sistemica tra coloni, polizia e il Ministero della Sicurezza Nazionale.

Attivista italiano ferito in un attacco condotto da coloni israeliani nella comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, in Cisgiordania
il 30 novembre 2025

La terra frammentata dall’apartheid

L’espansione delle colonie ha trasformato la geografia della Cisgiordania dal 2023. Gli avamposti creati di recente ora coprono circa il 14% del territorio, oltre al 9% già occupato dagli insediamenti ufficialmente riconosciuti. Questi sviluppi, avverte Habbas, stanno conducendo verso un futuro in cui “non c’è più spazio per due popolazioni che vivano fianco a fianco”.

Nonostante l’ampia documentazione fornita dalle organizzazioni internazionali e per i diritti umani, nulla ha fermato l’espansione di Israele e delle sue colonie. Le bande di violenti che imperversano sul territorio con atti di terrorismo non risparmiano nemmeno gli attivisti internazionali che si interpongono a protezione delle vittime di questa vera e propria persecuzione.

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