È arrivata alla manifestazione appositamente per camminare al fianco dei portuali del Calp, con lei l’attivista brasiliano Thiago Avila e la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese.

di Michela Monte, tempo di lettura 3 minuti

È come se a Genova si chiudesse un cerchio, chi ha partecipato da terra o in barca alla Global Sumud Flotilla lo sa, e ha ora con questa città un debito di riconoscenza inossidabile. Da qui è partito l’atto di solidarietà più netto, che ha acceso la miccia della grandiosa mobilitazione italiana, in supporto alle barche in rotta per Gaza. Una flotta di comuni cittadini dai 5 continenti, uniti nell’intento di rompere l’assedio israeliano via mare e aprire un corridoio umanitario in aiuto alla popolazione vittima di genocidio.

Il grido “Blocchiamo tutto” è risuonato prima nel Mediterraneo e poi nel mondo, scandendo uno spartiacque: ad ogni latitudine chi ancora esitava, ha deciso di unirsi alla protesta. E la risposta è stata davvero travolgente. I cortei italiani che hanno invaso le piazze con numeri senza precedenti, rappresentano un fatto unico al mondo e in Italia. Si tratta di un movimento che non ha alcun referente politico, se non il comune senso di umanità e giustizia per fermare la macchina dello sterminio. Di fronte a questo netto “adesso basta”, sono cadute tutte le scuse fabbricate allo sfinimento dai governi, per convincere tutti a continuare ad armare il genocidio e fare finta di niente, due condotte presentate come un dovere da “cittadini responsabili”.

Di fronte al consueto ribaltamento della realtà che trasforma i carnefici in vittime, Riccardo Rudino, portuale del Calp, dal palco allestito al porto antico di Genova di fronte alle barche pronte a salpare, aveva promesso: «Se anche solo per venti minuti perdiamo il contatto con i nostri compagni e compagne, noi blocchiamo tutta l’Europa. Da questa Regione escono 13-14mila container all’anno per Israele: non esce più un chiodo». Una risposta al governo israeliano che aveva dichiarato che avrebbe trattato gli equipaggi della flotilla alla stregua di terroristi.

A questo punto aggiungo una testimonianza personale. Questa minaccia apriva, anche a bordo della nostra Estrella y Manuel, uno scenario terrificante: venire affondati, magari, dopo un bell’incendio a bordo scatenato da un attacco via drone alla nostra maxi riserva di carburante, in bella mostra sul ponte.

La riserva di carburante sotto la cabina di pilotaggio della Estrella Y Manuel oggetto di tragiche speculazioni

L’ipotesi dell’ esplosione e della nostra fine è stata accolta da tutti con il silenzio, il tempo di realizzare che le ultime persone che avremmo visto in questa vita, sarebbero stati i compagni di equipaggio per Gaza, gli stessi cioè che avevano selvaggiamente litigato sui turni di cucina e pulizia per oltre due settimane. Lo scenario della nostra comune morte nel Mediterraneo, vista così diventava comica, smorzando la nostra tragedia interiore. Non solo faceva ridere che litigassimo in mezzo al mare, ma anche che una potenza militare come Israele ci considerasse una minaccia per la sua sicurezza al punto di ucciderci.

In una sorta di tentativo di esorcizzare la paura avevamo anche cominciato a fare qualche pratica: come e dove scappare con i nostri giubbotti arancioni per salvarci la vita. La crew (4 persone) aveva concluso ben presto che trovandosi esattamente sopra la mega cisterna in plastica, in caso di esplosione durante la navigazione, avrebbe subito salutato questa vita, la deflagrazione li avrebbe travolti nell’immediato. A quel punto dandosi per spacciati davano consigli a noi partecipanti su come e dove buttarsi nell’irreale ipotesi sopravvivessimo, per poi concludere senza enfasi che se davvero ci avessero fatto esplodere, come Israele fa con i terroristi, nessuno di noi si sarebbe salvato. In questo scenario emotivo in cui si guarda alla morte come un esito possibile e immediato, ti viene una stretta al cuore. Peccato morire, quando uno proprio non ne ha voglia.

In questa tempesta di emozioni contrastanti è stata Goretti, spagnola di Pamplona trapiantata alle isole Canarie, a tirare fuori Genova: dalla Spagna era rimbalzata la notizia che i portuali avrebbero bloccato tutto se fossimo spariti dai radar. Ha letto la notizia con le lacrime agli occhi, lei che da mamma single aveva lasciato a casa ad aspettarla la figlia ventenne, con cui teneva una comunicazione quotidiana. Non c’è una persona, che a bordo delle barche in rotta per Gaza, non abbia sentito una stretta al cuore fino a piangere leggendo la promessa eroica dei lavoratori del porto, loro non ci avrebbero lasciato soli. Non tutto era perduto, qualcuno ci teneva alle nostre vite.

Il motto “Blocchiamo Tutto”, è una scialuppa di salvataggio inestimabile quando sei in balia delle onde e non si vede un porto sicuro all’orizzonte. Arriva come un miracolo, quando sei disperato ma fai finta di niente. E quando arriva è come se ti ridesse la dignità di credere che ce la farai, questo è il potere della solidarietà e del “Blocchiamo tutto”.

Oggi Greta Thunberg lo ha ricordato nel suo messaggio ai lavoratori di Genova. Con una delegazione della Flotilla si è unita allo sciopero indetto dai sindacati di base, tra cui USB e COBAS. Ha ricordato proprio quel momento, quando sono arrivati anche in mezzo al Mediterraneo i video dei portuali e della loro promessa. “Quando ero sulla Flotilla e ho visto i video dello sciopero generale dei lavoratori del porto ho pianto molto – racconta Thunberg -perché mi ha mostrato che è rimasto un senso di umanità. Quindi sono al vostro fianco con tutto il cuore e sono orgogliosa di chiamarvi compagni e di sfilare con voi oggi e per tutte le lotte future”.

Il genocidio in Palestina è ancora in corso, Israele sta attaccando i palestinesi ogni giorno usando gli aiuti come arma di guerra. Il 90% delle persone di Gaza soffre di malnutrizione – ha detto Thunberg al microfono, alle sue spalle Francesca Albanese e l’attivista brasiliano Thiago Avila – Negli ultimi anni il mondo ha mostrato la sua vera natura, continuando a tradire i palestinesi ogni giorno. I nostri cosiddetti leader stanno fallendo non impedendo il genocidio. Stanno dimostrando che l’avidità di potere sacrifica il benessere delle persone e del pianeta. Quindi, tocca a noi ribellarci e per questo voglio esprimere a nome di tutta l’umanità: grazie Genova. Grazie per essere stata un faro”.

Sì, Blocchiamo Tutto, grazie Genova.

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